Premessa non necessaria né richiesta di Franco Vitale "uomo senza qualità"
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Premessa non necessaria né richiesta di Franco Vitale "uomo senza qualità"
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  • IO SO MA NON HO LE PROVE 
    NON HO NEMMENO INDIZI
    sono un uomo qualunque
    di Franco Vitale
    ULTIMO POST DEL  6 maggio

    Donald goes to Hollywood or Alcatraz?
    San Francisco, 26 gennaio 2030 
    Dal nostro inviato Frak Vytali
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#Zelensky, Guardati le Spalle!

#Le Idi di Marzo ti Saranno Fatali?


Chi l'avrebbe mai detto? Alcatraz, l'isola delle nebbie e dei gabbiani, torna a far parlare di sé. Non più come set di film noir o meta turistica per amanti del brivido, ma come residenza esclusiva per l'ex presidente Donald Trump e i suoi rampolli. Sì, proprio lui, il tycoon dai capelli impomatati e dalle promesse roboanti, ora ospite d'onore della sua stessa creazione.
Tutto iniziò nel maggio del 2025, quando Trump, in un impeto di nostalgia per l'epoca d'oro delle prigioni, decise di ristrutturare Alcatraz. L'idea ufficiale? Ospitare i peggiori criminali del paese, isolandoli dal mondo per farli riflettere sulle loro malefatte. Ma sotto sotto, il piano era ben diverso: creare una suite presidenziale per due vecchie conoscenze, Biden e Obama, rei, secondo lui, di aver danneggiato l'America.


I lavori durarono due anni, terminando nel maggio del 2027. Gli osservatori notarono subito la costruzione di tre mini-appartamenti, ben lontani dalle celle spartane del passato. Sembrava tutto pronto per l'inaugurazione, ma la Corte Suprema, con un colpo di scena degno di una soap opera, scagionò i due ex presidenti, copiando e incollando le sentenze che avevano già assolto Trump in passato.


E così, le celle rimasero vuote... fino ad oggi. Ironia della sorte, è proprio Trump, insieme ai suoi figli, a inaugurare le nuove stanze, accusato di aver violato dieci articoli della Costituzione e di aver usato il suo potere per arricchirsi, ispirandosi al modello italiano di un certo Berlusconi.
Il suo successore, con un colpo di spugna, ha revocato le leggi ad personam, nominato una nuova Corte Suprema e avviato la ricostruzione del tessuto sociale ed economico del paese. E Alcatraz? Da simbolo di giustizia inflessibile, è diventata il palcoscenico di una tragicommedia politica, dove il carnefice diventa vittima delle sue stesse trame.
In fondo, come diceva Totò, "è la somma che fa il totale". E il totale, per Trump, è un biglietto di sola andata per l'isola delle illusioni perdute.


Donald & Musk

La Truffa del Vespasiano 2.0

Ah, il grande Totò! Sempre lui a illuminarci con storie incredibili che, col tempo, si rivelano più vere del previsto. Prendiamo, ad esempio, la celebre "truffa del vespasiano" dal film "Totò truffa '62". In quella scena memorabile, Totò e Nino Taranto fingono di installare un orinatoio pubblico davanti all'ingresso di un ristorante, costringendo il proprietario a pagare per evitare l'oltraggio.

Ora, facciamo un salto ai giorni nostri e osserviamo i nostri eroi moderni: Donald Trump ed Elon Musk. Questi due, con la loro maestria, sembrano aver riproposto la truffa del “vespasiano” su scala globale. Trump annuncia dazi su tutto e tutti, scatenando il panico nei mercati finanziari. Le borse crollano, gli investitori tremano e vendono in preda al terrore. E chi compra a prezzi stracciati? Ma loro, naturalmente! Proprio come Totò che, dopo aver creato il problema, incassa la "mazzetta" per risolverlo.

Elon Musk, dal canto suo, si lamenta pubblicamente dei dazi, auspicando tariffe zero e una zona di libero scambio tra Europa e Nord America. Intanto, però, le sue aziende ne approfittano per riacquistare azioni a prezzi ribassati, pronte a guadagnare quando il mercato si riprenderà. Un gioco da ragazzi per chi sa come muovere i fili.

E noi, poveri risparmiatori dal cuore tenero, assistiamo impotenti a questa commedia degli inganni. Fuggiamo spaventati alla prima minaccia di dazi, vendiamo le nostre azioni in perdita, mentre i furbi le raccolgono e aspettano il momento giusto per incassare. Proprio come l'oste del film di Totò, paghiamo per evitare il "vespasiano", senza accorgerci che siamo vittime di una messinscena ben orchestrata.

In conclusione, la storia si ripete, ma i protagonisti cambiano. Totò ci aveva già avvertiti: attenzione alle truffe ben congegnate, soprattutto quando coinvolgono personaggi abili nel creare problemi per poi offrire soluzioni a pagamento. E mentre noi ridiamo delle gag del principe della risata, c'è chi ride ed incrementa il conto in banca.

 


BRAVO #TRUMP

CHE DAZIO HAI FATTO?

 

In tanti si stanno ancora chiedendo il motivo di quello spettacolo eclatante alla Casa Bianca, due ore di show per annunciare misure economiche che ai suoi concittadini, forse, neanche interessano. Forse voleva solo avvisarli che BMW e Mercedes costeranno qualche dollaro in più? Che il parmigiano reggiano passerà da 50 a 60 dollari al chilo? Che il prosecco rincarerà di tre dollari alla fonte? No, non penso fosse questo il punto, anche perché negli USA ormai hanno iniziato a raccontare la verità.

Il mega-show di Trump è stato un perfetto esempio della sua dottrina: “Non ammettere mai gli errori”. Quali errori? Beh, quelli commessi da lui e dal suo predecessore Biden negli ultimi otto anni: un debito federale che ha raggiunto la cifra stratosferica di 30.000 miliardi di dollari, ovvero un terzo del debito pubblico mondiale.

Nel frattempo, gli emiri arabi nuotano nei dollari, la Cina comunista ha riserve di moneta americana da far paura e l’India non è da meno. Eppure, nessuno di loro compra più il debito USA. Quindi, che si fa? Si stampano altri dollari per finanziare guerre, stipendi pubblici e basi militari sparse per il mondo. Ma, sorpresa: tutto questo ha creato inflazione, senza che ci fosse una politica fiscale adeguata a compensarla.

E allora, caro Donald, cosa hai detto agli americani? Ma soprattutto, cosa non potevi dire?

1-Non vi aumento le tasse (ma faccio alzare i prezzi).

2-Non consumate prodotti stranieri (perché ve li faccio pagare una fortuna).

3-Comprate solo americano (gli altri prodotti li bloccano i dazi).

4-Dimenticatevi le auto europee e asiatiche (per voi costeranno troppo).

5-Conquisto terre straniere (materie prime gratis per pagare debiti federali)

6-Sviluppo tecnologie digitali (ma devo applicare una fiscalità da paradiso fiscale)

Ora, gli Stati Uniti hanno nelle loro università  il maggior numero di premi Nobel per l’economia al mondo,  un esercito di economisti in grado di misurare l’impatto delle tue decisioni nel giro di pochi mesi,  la scienza economica si  chiama "econometria".

 Occhio Donald, i numeri non mentono mai e non puoi cacciare i professori delle università!


L'importanza di chiamarsi #ERNEST o #TRUMP

Ed essere solo il piccolo #McDonald’s

Mettiamo le cose in chiaro: nessun politico europeo del '900 si è mai trovato nella scomoda posizione di dover affrontare questioni economiche essenziali per il mercato "made in USA". Ecco perché la commedia di Oscar Wilde, "L'importanza di chiamarsi Ernesto", calza a pennello. Nella pièce, il protagonista gioca sul doppio senso del nome "Ernesto" e dell'aggettivo inglese "earnest", che significa "onesto". Ma Ernesto è davvero onesto? Nella commedia, i due cugini si presentano alle loro belle con questo nome, ma di onestà neanche l'ombra!

E il nostro buon Donald? Non è "earnest", né tantomeno Ernesto. Semplicemente non può dire al suo popolo la verità. Ecco la cruda realtà: gli ultimi due governi USA, Trump e Biden, hanno affossato il debito pubblico americano in modo clamoroso. Solo gli interessi passivi sul debito statale ammontano a 1.000 miliardi di dollari all'anno. La dottrina McDonald's  cosa dice "nega sempre l'evidenza".

Perché Donald non può dire la verità? Perché il liberismo economico tanto decantato ha portato le industrie americane a delocalizzare la produzione: la manifattura si fa dove costa meno! Aggiungiamo i costi esorbitanti per le guerre sparse per il mondo — Iraq, Afghanistan, Siria, Ucraina, e il presidio del Mar Rosso. Senza dimenticare il mantenimento di centinaia di basi militari con annessi soldati e logistica. Il tutto condito da uno stato economico di "monopsomio" l'esatto contrario di monopolio,  dove l'importatore che acquista è molto più forte di chi vende e può dettare le regole, vedi dazi difensivi.

Nel 1985, Ronald Reagan, nella stessa situazione economica degli USA, applicò con maestria la sua "Reaganomics". Convocò all'Hotel Plaza di New York i ministri economici europei e giapponesi con i relativi governatori delle banche centrali, tutti insieme decisero di svalutare il dollaro del 25% e adottare misure di sostegno al debito pubblico. Il famoso "Accordo del Plaza" è entrato nella storia economica mondiale del '900. Permise agli USA di uscire dalla crisi del debito pubblico, alle imprese di riprendere le esportazioni, a consumatori e famiglie americane di proteggersi dall'inflazione.

Stephen Miran, l'attuale capo del Consiglio dei Consulenti Economici sotto l'amministrazione Trump, ha ben chiaro il problema e la soluzione. Tuttavia Trump alla logica di Reagan ha preferito la logica McDonald's: ovvero, l'Ernesto poco sincero. La regola dello show business non consente di dire agli elettori la verità. Mentire! Mentire sempre. “Le colpe della nostra crisi economica sono di europei e cinesi” ipse dixit!


Ah, i tempi in cui la battuta di Cochi e Renato "bene bravo 7 più" era l'essenza dell'ironia! Oggi, però, sembra che questa espressione calzi a pennello per il nostro caro Donald Trump. E chi meglio di Hillary Clinton per sottolinearlo?

L'ex Segretario di Stato, con un coraggio da leone (o forse da leonessa?), ha deciso di rompere quella vecchia tradizione che impone ai passati leader di non commentare le azioni dei loro successori. Forse le sono saltati i nervi, o forse qualcuno l'ha incoraggiata a liberare la lingua e la penna. Fatto sta che, in un'op-ed (articolo di opinione) sul New York Times, ha definito l'approccio dell'amministrazione Trump "stupido e pericoloso" ovvero dumb power.

Hillary ricorda con nostalgia i tempi in cui suo marito Bill o Barack Obama gestivano le controversie internazionali con un mix di soft power e hard power. Ambasciatori, presenza all'ONU e la forza militare della NATO erano gli strumenti principali della diplomazia americana dal 1945 in poi. Stravolgere questi capisaldi, secondo lei, equivale a mandare all'aria quasi un secolo di alleanze e rapporti amichevoli. Insomma, una mossa "stupida e pericolosa" che rischia di isolare gli Stati Uniti sulla scena mondiale.

 

E come se non bastasse, la Clinton conclude con una chicca che mi ha fatto sorridere: paragona il governo USA attuale ad  una "repubblica delle banane" la stessa citazione che io avevo fatto nel mio post in merito “al dittatore dello stato libero di …...”. Grazie, Hillary, per il tuo coraggio e la tua schiettezza. Certo, il buon Donald probabilmente non la prenderà bene; la sua "dottrina" non prevede contestazioni, specialmente se provengono da una donna che dice pure la verità. Ma tant'è.

Mi auguro che il tuo esempio possa ispirare anche in Italia, dove il "potere stupido" di certi leader rischia di portarci al tracollo economico e morale. Quindi, grazie ancora, Hillary, per averci citato. Io e Woody Allen ti siamo grati.


88 Milioni di Euro, 44 a Testa

E io "Non ti pago"!

Chissà se il grande Eduardo De Filippo avrebbe mai immaginato che la trama della sua commedia Non ti pago un giorno sarebbe diventata realtà. Ma eccoci qua: la cronaca ci regala una storia che sembra scritta da lui.

Un uomo di passaggio a Roma gioca 3 euro al SuperEnalotto e si porta a casa 88 milioni. Fin qui, tutto bene. Peccato che abbia un piccolo problema: la moglie. O meglio, l'ex moglie (emotivamente parlando), perché il matrimonio era già in crisi tra litigi, idee divergenti e corna a geometria variabile. Ma l'errore fatale è stato uno solo: far trapelare la notizia in famiglia.

E qui scatta la commedia

La consorte, ancora ufficialmente in comunione dei beni, si rivolge al suo avvocato che, come un novello Azzeccagarbugli, non ha dubbi: "Caro signore, devi pagare!"

E qui viene il bello. Il marito, che fino a ieri si lamentava del costo della spesa, ora ha 88 milioni ma fa spallucce: "Non ti pago!"

Un caso da manuale... o da teatro?

La vicenda ricorda proprio Non ti pago, dove il povero Bertolini, commesso del banco lotto, sogna il padre defunto del titolare che gli suggerisce i numeri vincenti. Bertolini gioca e vince, ma il titolare gli nega la somma con una logica ineccepibile:

-Il fantasma voleva dare i numeri al figlio, non al dipendente.
- Il dipendente dormiva nella stessa camera dove era morto il vecchio.
- Quindi la vincita è mia, punto!

Ecco il consiglio per gli avvocati della signora: lasciate perdere il diritto di famiglia e puntate sulla filosofia eduardiana. La signora ha dormito nello stesso letto del marito vincitore? Bene, il premio si divide esattamente come si è diviso il letto! 44 milioni a testa, senza se e senza ma.

A questo punto, forse i giudici potrebbero darle ragione. O forse no. Ma una cosa è certa: Eduardo aveva già previsto tutto.


Povera #America, Poveri Noi

Benvenuti nello Stato Libero di Bananas

Chissà se Woody Allen, quando nel 1971 girava Il dittatore dello Stato libero di Bananas, avrebbe mai immaginato che, sessant’anni dopo, la sua amata America si sarebbe svegliata proprio come la sua parodia: un paese governato da incompetenti, circondato da fanatismi, e sull’orlo di decisioni assurde.

Come diceva Andreotti, "Il potere logora", ma stavolta solo chi lo detiene.

L’ultima perla: il pasticcio della marina USA

Un documento riservatissimo sui piani d’attacco contro i ribelli Houthi finisce, per errore, nella messaggistica di un giornalista. Il bello? Nel rapporto si leggono considerazioni al vetriolo sull’Europa: in sostanza, l’America non avrebbe nemmeno voglia di contrastare gli Houthi perché, in fondo, se le loro navi affondassero qualche cargo diretto in Europa… beh, sarebbe quasi un favore all’odiato continente. Ma siccome il protocollo lo impone, tocca comunque intervenire.

Un governo da commedia… ma senza risate

E se fosse solo questo? No, perché la lista di perle dell’attuale leadership americana sembra scritta da un gruppo di sceneggiatori impasticcati:
- Dazi? Prima li mettono, poi li tolgono, poi ci ripensano.
- Guerre-lampo? Dovevano finire in due giorni, ma dopo tre mesi sono ancora lì.
- Licenziamenti di massa? Annunciati con trombe e fanfare, ma subito stoppati dai giudici.
- NATO? Prima da sciogliere, poi fondamentale (ma sempre a guida USA, si capisce).
- Rapporti con la Russia? Amicizia solida con la Russia putiniana, però se vuoi entrare negli USA ancora oggi devi dichiarare alla dogana se sei stato iscritto al partito comunista.

La politica in stile "Bananas"

Nel film di Woody Allen, i guerriglieri prendono il potere e, in preda all’ebbrezza della vittoria, fanno leggi assurde, come imporre a tutti di indossare biancheria intima sopra i vestiti.

E oggi? La politica americana sembra esattamente questo: decisioni impulsive, retromarce continue e un livello di caos che fa impallidire persino il più grottesco dei dittatori da operetta.

L’unico sollievo? Nel film era tutta finzione. In America durerà solo quattro anni.

E da noi?
Io Speriamo che  me la cavo.


#LACAPA Apre la Campagna Elettorale – 2027:

Missione “Potere Eterno”

#VotaAntonio #VotaCetto

Udite udite! Sono entrato in possesso (grazie alla mia fervida immaginazione) di un documento top secret con le direttive ufficiali per la campagna elettorale del 2027. A firmarlo? Sua Maestà laCapa in persona.

Data fissata: marzo 2027.

 Obiettivo: restare al potere… per sempre.

Ecco le strategie per assicurarsi la vittoria:

1- Colpire i "nemici" storici

Niente campagna soft, qui si gioca d’attacco! Bisogna smantellare i simboli e le personalità della sinistra e delle opposizioni:
- Prodi, Amato, Draghi (pericoloso per la sua influenza a Bruxelles), il Manifesto di Ventotene e pure Scalfari (che, dettaglio non irrilevante, non è più tra noi, ma tant’è).
 -L'obiettivo? Distruggere qualsiasi testa pensante che possa aggregare consensi dall’altra parte.

2-Spaccare il centrodestra

I fedelissimi della Capa dovranno seminare discordia tra Lega e Forza Italia. Strategie suggerite:
-Denigrare i leader minori.
-Offrire caramelle (leggi: poltrone) a chi è tentato dal tradimento.
- Raccogliere i voti di chi rimane orfano.

3- Pioggia di fake news

I media amici (leggasi: il gruppo Angelucci e affini) dovranno sferrare un attacco senza precedenti:
- Fango a palate su ogni candidato dell’opposizione. Meglio se scandali sessuali, ruberie, reati vari (poco importa se assolti).
-Negazionismo storico in prima pagina: ridimensionare la Resistenza, rivalutare certi momenti “storici” e, perché no, dare spazio a tesi creative su eventi del ‘900.

4-Social & hacker russi all’opera

I social dovranno diventare la cassa di risonanza perfetta:
-Condividere compulsivamente ogni scoop fasullo.
-Rilanciare le fake news prodotte in serie dagli hacker russi, magari spacciando la Capa per un’eroina della geopolitica mondiale, ammirata da USA e Mosca per il suo "risanamento culturale dell’Europa".

5-La RAI? Non è il momento di parlarne…

C’è un paragrafo dedicato alla TV di Stato, ma meglio non svelarlo ora: potremmo scatenare un terremoto istituzionale. (Report: non sarà un servizio pubblico, ma un megafono personale).

6- "Metodi americani" per la sicurezza

Ci sono istruzioni riservate per i Servizi Segreti. Qualcosa mi dice che ricalcano le tecniche alla Trump (Ciuffo Biondo) e Putin. E qui è meglio fermarsi…

7-Il Piano Finale: la Capa Premier a Vita

Se tutto va come previsto, la legge sul premierato sarà realtà. Con una magistratura sotto controllo e una riforma del sistema blindata, la previsione è chiara:
-Governo a tempo indeterminato.
- Elezioni? Un fastidio burocratico.

"Questa è la democrazia che io amo", conclude la nota segreta, firmata LACAPA.

Confermo l’autenticità del documento.
Non l’ho né visto né letto, ma è tutto vero.

 


LA MISSION IMPOSSIBOL:

L’AMBASCIATORE IN CERCA DI UOVA

Ciuffo Biondo MAGA (alias Trump) ha deciso di risolvere la crisi con il suo stile inconfondibile: ordinando agli ambasciatori USA di procurare uova a ogni costo.

Immaginiamoci il telegramma inviato ai suoi diplomatici sparsi per il mondo:

"A tutti gli ambasciatori: telefonate ai produttori di uova, fatevi passare il CAPO DELLE GALLINE, ditegli che vogliamo tutto il magazzino. Se rifiuta, offendetelo e minacciate un’invasione di CAVALLETTE!"

Il povero ambasciatore USA in Italia si è quindi rivolto a Unaitalia, l’associazione avicola italiana, sperando di convincere il Veneto a salvare la Pasqua americana. Risultato? Un elegante No, grazie.

TRUMP, LA SCIENZA E IL DESTINO BEFFARDO

Del resto, per Ciuffo Biondo il COVID non è mai esistito, l’influenza aviaria è una paranoia e Anthony Fauci (il massimo immunologo vivente) è solo un cospiratore che le spara grosse.

E così, mentre negli USA impazza il contrabbando di uova più redditizio della droga, Trump scopre sulla sua pelle che la scienza funziona… anche quando la ignori.

Morale della favola?
 Le uova non si tweetano, si proteggono.
Chi di dazi ferisce, di frittata perisce.
E buona Pasqua... con uova italiane!


Ehi #CAPA, continuano a cascarci!

Ovvero: come trasformare una cena in un trattato di guerra retorica

Antipasto: Bruxelles, Hotel a 5 stelle e un voto (senza brindisi) 

Immaginatevi: ultimo piano di un hotel di lusso a Bruxelles, antipasti gourmet, tagliate che sanguinano eleganza, dolci al cioccolato che fanno venire voglia di votare sì a qualsiasi cosa. Tra gli eurodeputati del partito della Capa, clima disteso, risate, battute… e un dettaglio cruciale: niente alcol per la leader. Perché? Un voto. No, non quello sulle armi europee, uno più serio: astinenza etilica. Ma tranquilli, il vero digestivo arriverà dopo. 

-Primo piatto: La risata che scotta (e la battuta che non ti aspetti) A fine cena, capannelli. Quello della Capa è il più affollato, ovvio. Improvvisa un’esplosione di risate: la sua battuta "Li ho fatti impazzire, è da tempo che ci pensavo" diventa virale. Curioso, perché il giorno dopo tutti i giornali di Agelucci esaltano il suo discorso come un capolavoro di coerenza. Nulla di inaspettato, dicono. Peccato che la realtà sia un po’ più… dialettica. 

-Secondo piatto: Eristica, grazie Schopenhauer 

Facciamo i linguisti da salotto: la Capa non ha sbagliato un colpo. Ha usato la “dialettica eristica”, l’arte di aver ragione anche quando hai torto. Citiamo il caro Arthur Schopenhauer, stratagemma 38: *"Se sei in difficoltà, cambia argomento e attacca la persona". Ed ecco il trucco: invece di parlare di armi europee (noioso), la Capa lancia un *argumentum ad personam* contro gli autori del Manifesto di Ventotene, bollati come "terroristi rossi". L’opposizione abbocca scomposta, Fontana sospende, lei svicola. Applausi. 

-Dolce al cioccolato: Ma chi è il vero maestro? 

Morale: se non puoi vincere sulla sostanza, sposta la partita sul gossip storico-politico. Il risultato? La seduta salta, i titoli di giornale diventano "Capa eroica", e noi restiamo a chiederci: ma davvero Schopenhauer avrebbe immaginato che il suo stratagemma 38 sarebbe finito in un menù tra tagliata e Twitter? E soprattutto: gli italiani meritano un dibattito politico che non sia un torneo di "guardie e ladri" con i fantasmi di Ventotene? 

Attenti: La prossima volta che un politico evita una domanda scomoda, controllate se ha letto Schopenhauer. O forse ha solo prenotato un dolce al cioccolato.


La Capa Vi Ha Fregato Ancora

Parlamentari e Giornalisti, Sveglia!

Avete visto la gazzarra di ieri in Parlamento? La Capa è andata giù dritta, senza esitazioni: il Manifesto di Ventotene non le piace. E sapete una cosa? Ha ragione!

Come si fa ad allinearsi con un documento scritto da due prigionieri di guerra, senza alcuna certezza su come sarebbe finito il conflitto o su quale Europa sarebbe nata? È come mettersi a discutere oggi del Principe di Machiavelli: lo si può amare o odiare, ma provate ad applicarlo alla politica attuale... Inutile!

Il problema, però, non è la storicità del Manifesto. Il problema è che le parole della Capa non significano nulla, né storicamente né culturalmente. Quindi, perché lo ha fatto?

Ecco qualche ipotesi:

  • Show televisivo perfetto: tutti a parlare di lei, visibilità a mille.

  • Leadership nella destra europea rafforzata: un colpo a Salvini, un assist a sé stessa.

  • Destra compatta: dai moderati agli estremisti, ora la Capa è ancora più leader.

  • Gli alleati internazionali gongolano: americani, ungheresi, argentini (e aspiranti tali) vedono confermato che la democrazia è solo un fastidio del passato.

  • Almeno altre dieci buone ragioni, che vi lascio immaginare.

Morale della favola

Chi ha permesso tutto questo? Voi! Parlamentari e giornalisti che avete rilanciato, amplificato, scomposto e ricomposto un'analisi storica sgangherata.

Risultato? Solo rumore. La provocazione funziona, chi attacca vince, e domani sarà tutto dimenticato.

Quindi, per favore, la prossima volta che la sparano grossa... fate un bel sorriso e passate oltre.

 


#TRUMP & L’UOVO MALEDETTO

La legge di Murphy non sbaglia mai!

Trump? Crede nella sua fortuna, nella sua capacità di “dire e fare” senza paura. Ma c’è una cosa che forse sottovaluta: la maledetta legge di Murphy.

E così, appena insediato alla Casa Bianca, ecco il primo smacco: negli USA sono finite le uova!

Il motivo? L’influenza aviaria ha sterminato milioni di galline. Gli americani sono nel panico: niente più omelette a colazione, niente pancakes, niente biscotti della nonna. Un dramma nazionale

Le conseguenze del disastro:

  • Prezzo delle uova alle stelle, vicino a un dollaro al pezzo.

  • Supermercati presi d'assalto e limiti di acquisto imposti ai clienti.

  • Almeno un anno prima di tornare alla produzione normale.

  • Prime notizie di contrabbando di uova al confine col Messico (sì, contrabbando di uova!).

  • Tra i consumatori più arrabbiati? Molti elettori repubblicani. Ops.

Soluzione proposta dagli economisti della Casa Bianca:
"Mr. President, compriamo uova dai due maggiori produttori mondiali!"
"Ottima idea! E chi sarebbero?"
"Messico e Danimarca."

Silenzio. Trump sbianca.

Murphy colpisce ancora.

  • Il Messico, che lui vuole blindare con dazi e muri anti-immigrazione.

  • La Danimarca, che ancora non gli ha venduto la Groenlandia.

Risultato? Messico e Danimarca rispondono picche: “Le uova che abbiamo servono a noi.”

E così, il grande Trump, l’uomo delle trattative impossibili, si ritrova sconfitto... da un’omelette mancata.

Chi di dazi e prepotenza ferisce, di uova perisce. Murphy aveva ragione!

 


#Ucraina #Gaza #Yemen

"Dove fanno il deserto, la chiamano pace"

Il povero Calgaco, generale scozzese, aveva capito tutto già nel I secolo d.C. Tacito, nella sua Agricola, gli fa dire una frase che risuona ancora oggi:
"Creano un deserto e lo chiamano pace."

E così, venti secoli dopo, eccoci qua.

Ucraina – Finalmente si parla di pace. Ma di quale pace? Americani e russi si siedono al tavolo per riorganizzare le terre ucraine, dopo aver lasciato sul campo un milione di morti, un milione di feriti e miliardi bruciati in armi. E la terra contesa? Sterile, disseminata di mine e bombe inesplose.

Gaza – Si sperava in una tregua. Ma Hamas è ancora lì, lontana dalla resa, e allora... secondo round! Via ai bombardamenti, ai massacri, al “deserto” che chiamano pace. 30.000 morti civili, 50.000 feriti e un futuro che somiglia sempre più ad un incubo.

Yemen – Qui la pace è ancora più beffarda. Gli Houthi sono l'ultimo grimaldello dell'Iran per infastidire USA e Israele. E quindi? Giù bombe! A morire sono gli sciiti, mentre gli altri popoli arabi sunniti osservano compiaciuti il massacro.

E allora torniamo agli scozzesi. Roma li sterminò  li sottomise e ordinò la pax romana. Ma alla fine, chi ha vinto? Secoli dopo, i romani fuggirono da quelle terre e non ci tornarono mai più. Avevano portato la pace? Sì, ma solo dopo aver fatto il deserto;  alla fine della storia  furono pure sconfitti.

Americani, russi e arabi faranno la stessa fine dei romani?

 


#Totti: "A Mosca! A Mosca!"

Di cosa parliamo oggi? Dezinformatzija.

Ve le ricordate le Tre Sorelle di Čechov? Imploravano “A Mosca! A Mosca!” sperando che la grande città cambiasse il loro destino. Ma il drammaturgo aveva già scritto la loro sorte: sarebbero rimaste intrappolate in un mondo che non le capiva, vittime dei giochi di potere e delle illusioni.

E Totti? Er Pupone che c’entra?
Lo hanno tirato in ballo i soliti russi, con la stessa tecnica usata contro il nostro Presidente. Il metodo è sempre quello: si chiama disinformazione, in russo dezinformatzija.

Come funziona la dezinformatzija?

Wikipedia ci spiega che la disinformazione è un fenomeno in cui informazioni percepite come vere non corrispondono alla realtà, creando confusione e manipolando l’opinione pubblica.

Ed ecco che parte la giostra.
Basta un invito a una festa privata a Mosca e... boom! Facebook, X e tutti i social impazziscono. Giornali, opinionisti, influencer, esperti dell’ultima ora: tutti si esprimono, giudicano, analizzano. Ma il trucco è che più della metà dei commenti sono falsi, scritti da provocatori con il solo scopo di scatenare reazioni.

Perché Totti?

Semplice. I russi hanno capito che l’Italia è un bersaglio facile:
 - Sola, Smarrita, Senza veri amici.

Un colpo qui, un colpo là, e il gioco è fatto: la solita Italietta in pasto alla disinformazione.

Ma noi, cara Maria (Zakharova, ovviamente), sappiamo bene come funziona il giochino. E, almeno questa volta, non abbocchiamo!

 


Cara #Zakharova! Alias "#Povera Maria"

Cara Maria,

ho letto il tuo curriculum vitae. Parli molte lingue, hai studi di alto livello, provieni da una stirpe di diplomatici che ha girato il mondo. Insomma, hai tutte le carte in regola per essere ben più di una semplice propagandista di regime. Eppure, eccoti qui, costretta dai tuoi superiori a svolgere un lavoro infame: attaccare l’Italia e il suo Capo di Stato con i soliti trucchi retorici.

Ma, cara Maria, pensavi davvero di cavartela così? Credevi che noi, dilettanti linguisti ma attenti osservatori, non avremmo smascherato i tuoi stratagemmi? Andiamo, su!

Per analizzare il tuo discorso, ricorriamo a un vecchio maestro: Schopenhauer e il suo saggio L’arte di ottenere ragione. Sai che la verità non è dalla tua parte, quindi ricorri agli stratagemmi per far sembrare giusto ciò che non lo è. Vediamoli insieme.

Gli stratagemmi di Maria per "ottenere ragione"

1-Mutatio controversiae (Stratagemma 18)
Quando si rischia di avere torto di fronte alla verità storica, si sposta il dibattito altrove. Mattarella ha pronunciato principi basilari, acclarati dalla storia moderna e dalla scienza politica. Tu, invece, fai finta che abbia attaccato la Russia e provi a rimescolare le carte. Furbetta, eh?

2-Petitio principii (Stratagemma 22)
Se i fatti non ti danno ragione, che fai? Rigetti le premesse dell’avversario, ignorando storia, trattati e accordi sul riarmo atomico. Se non puoi vincere la partita, cambi le regole. Geniale.

3-Argumentum ab utili (Stratagemma 35)
Invece di argomentare con la logica, usi la minaccia: "Presidente! Per ciò che hai detto lo vedrai più tardi!" Cosa dovremmo aspettarci, cara Maria? Una rappresaglia? Un attacco diplomatico? O semplicemente l’ennesimo teatrino per distrarre l’opinione pubblica russa?

Perché lo fai? O meglio, perché te lo ordinano?

Semplice. L’Italia è la preda perfetta.

  • Economia fragile.

  • Debito pubblico alle stelle.

  • Politica interna divisa su tutti i fronti: maggioranza litigiosa, opposizione inesistente.

  • Non siamo amici degli americani, non siamo amici dei cinesi.

  • Siamo all’opposizione nel Parlamento Europeo.

In pratica, un bersaglio facile. Attaccare l’Italia e Mattarella per te è come sparare sulla Croce Rossa. E il bello è che, come sempre, qualche mente debole in Italia ti darà pure ragione.

Peccato, cara Maria, perché con il tuo talento avresti potuto fare ben altro nella vita.

Cordiali saluti.
Scusa se ho svelato i tuoi trucchi linguistici.

Non ti voglio bene!


#Groenlandia: #Trump prova a coinvolgere la NATO

L’ira dell’isola (e dei #danesi)

Donald Tramp non molla. Ancora una volta ha ribadito la sua volontà di "annessione" della Groenlandia, scatenando un mix di ilarità, incredulità e rabbia. Ma questa volta ha alzato la posta: coinvolgere la NATO nella faccenda! Il segretario generale Rutte, colto alla sprovvista, ha reagito con un diplomatico ma eloquente: “Lasciami fuori!”

Cosa ci insegna questa storia? Semplice: che l’iperbole è la regina della retorica politica contemporanea. Se sei un leader populista e non le spari grosse? Non ti nota nessuno.

L'iperbole, per chi avesse bisogno di un ripasso, è quella figura retorica che consiste nel gonfiare la realtà fino a renderla grottesca, esasperandola fino al paradosso. Wikipedia ci spiega che il termine deriva dal greco hyperbolḗ, che significa “eccesso”. Quintiliano, già nel 65 d.C., nella sua Institutio Oratoria, spiegava che l’iperbole è una bugia che non vuole ingannare, ma semplicemente esagera talmente tanto da superare ogni misura.

Ecco perché oggi questa tecnica è diventata il pane quotidiano di populisti di ogni latitudine e colore: nordamericani, russi, europei di varia estrazione – filo-putiniani, filo-trumpiani, ex nazisti, ex fascisti, ex comunisti. Non importa il passato politico, l’importante è spararla grossa.

Ma la colpa non è (solo) dei politici. La vera responsabilità è degli elettori. Sì, proprio loro, ormai assuefatti a decenni di promesse non mantenute e slogan vuoti. L’elettorato è diventato refrattario alla comunicazione politica tradizionale: per svegliarlo dal suo torpore serve un’iperbole. E più è assurda, meglio è.

Trump, ovviamente, è il maestro assoluto di questa strategia. Le sue vittime? Messico, Panama, Canada, Groenlandia, Gaza, Ucraina, Europa. E chissà chi sarà il prossimo bersaglio della sua macchina retorica.

Ma noi il gioco l’abbiamo capito. Il problema sarà per le menti fragili che ancora credono di aver finalmente trovato politici “capaci”. Sì, capaci… di spararle sempre più grosse!


La #Cina è Vicina?

«socialismo di mercato» per il grande gigante asiatico

Il mal di testa del #Comu-Capitalismo del terzo moschettiere.

Una volta c’era il comunismo duro e puro, quello delle giacche di Mao e delle fabbriche statali. Poi è arrivato il turbo-capitalismo con caratteristiche cinesi, e in men che non si dica Pechino è diventata la seconda economia mondiale. Ma adesso, con le crisi immobiliari, i commerci in affanno e un popolo che non sa più se credere in Marx o nei grattacieli di vetro, il modello “comu-capitalista” sta scricchiolando.

Mattone fragile, sogno infranto

Per anni, comprare casa in Cina era più sicuro che tenere soldi in banca. Peccato che il castello di carte sia crollato: colossi come Evergrande e Country Garden sono falliti, lasciando milioni di cinesi con mutui su case che non esistono. E il governo? Alterna promesse rassicuranti a stretta censura sui social, sperando che la gente dimentichi.

Commercio mondiale in tilt, e la Cina paga

Se prima la Cina esportava di tutto, ora il mondo ha deciso di diversificare. Gli USA spingono sul “decoupling”, l’Europa cerca fornitori alternativi, e i vicini asiatici stanno diventando i nuovi hub produttivi. Risultato? Crescita in rallentamento, fabbriche con meno ordini e milioni di giovani senza lavoro.

Cinesi confusi: comunisti o capitalisti?

Un tempo, il Partito garantiva stabilità e lavoro. Ora, i giovani cinesi si trovano in un limbo sociale: troppo capitalisti per accettare una vita pianificata, troppo controllati per abbracciare la vera libertà.

Il Partito vuole spingere i consumi, ma la gente risparmia. Vuole stimolare il mercato, ma le aziende super controllate dalla politica non investono. Vuole stabilità, ma la società è in crisi di identità.

E così, il comu-capitalismo cinese si ritrova con un piede nel passato e uno nel futuro, rischiando di inciampare nel presente.

Bugia: diminuiremo l’inflazione dal 3 al 2%, case nuove per tutti, 12 milioni di posti di lavoro etc…….

Traduzione: Se non si stabiliscono solidi patti con USA e Russia e Arabia ed Europa, per commercio e forniture di gas e petrolio, nessun progetto economico e di sviluppo sociale potrà essere realizzato.

Be continued


Cara #Smilla, attenta ai #cowboy!

Mia cara Smilla, amica  groenlandese di antiche letture, devo metterti in guardia: un pericolo mortale incombe su di te e sul tuo popolo. No, non si tratta dello scioglimento dei ghiacci (anche se pure quello non è una passeggiata), né di un’invasione di orsi polari in cerca di Wi-Fi. È molto, molto peggio.

L’11 marzo si vota, e se voi, fieri Inuit, vi farete incantare dalle sirene americane – o peggio, dal parrucchino di Donald – rischiate di finire come gli Indiani d’America. Prima vi diranno che vogliono solo "aiutarvi a sviluppare il territorio" (che dolci!), poi arriveranno con le trivelle, le basi militari e i McDonald’s. E prima che possiate dire “Nanook”(orso polare), vi ritroverete a ballare per i turisti in cambio di una Coca-Cola e una bandierina a stelle e strisce.

Pensaci, Smilla! Sei sicura di voler vedere la tua splendida Groenlandia trasformata in una riserva con casinò e fast food? Se i vostri antenati hanno resistito al gelo per millenni, potete sicuramente resistere a un po’ di propaganda yankee. E se proprio Trump vuole comprare la Groenlandia… almeno fatevelo pagare in lingotti d’oro, non in hamburger!

Con affetto e preoccupazione,
Il tuo amico terrorizzato (vedi "Killers of the Flower Moon") per il destino della tua Gente!

 



Caro #Mask, il troppo #Stroppa

Vorrei spiegarti, caro Stroppa, che il povero Roncone, giornalista del Corriere, finito tra le tue avide mascelle, si era semplicemente permesso di scrivere un pezzo di “colore”. Niente di più, niente di meno. Nel suo articolo, il tuo venerato Mask, il BimboMink e la Capa erano citati per il paradosso delle loro esternazioni. Il tono? Ironico e leggero, con l’unico obiettivo di strappare un sorriso al lettore.

Evidentemente, però, ti sei sentito punto sul vivo. Forse hai riconosciuto tra le righe una verità che noi comuni mortali ancora ignoriamo? Qualunque sia il motivo, la tua reazione è stata tanto sproporzionata quanto banale. Ti sei lanciato su X con un attacco frontale, tanto che il comitato di redazione del Corriere ti ha gentilmente fatto notare che il climax della tua invettiva era diffamatorio, mafioso e gravemente scorretto, soprattutto per le allusioni alla moglie del giornalista.

Caro Stroppa, mi permetto di darti lo stesso consiglio che tempo fa ho rivolto alla Capa e ai suoi fedeli seguaci: non usare la penna come una spada, soprattutto contro chi sa maneggiarla con maestria. La scrittura è un’arte, e come tutte le arti qualifica l’autore. Lo stile, il ritmo, le allitterazioni, le assonanze, la punteggiatura ben dosata: sono questi gli elementi che distinguono chi sa scrivere da chi semplicemente preme tasti sulla tastiera. Noi umili lettori, di fronte a un buon testo, ci inchiniamo alla bravura dell’autore e riflettiamo sui messaggi che ne scaturiscono.

E invece, tu cosa hai fatto? Ti sei auto-nominato difensore d’ufficio del tuo Capo, ma se Roncone si limitava a cazzeggiare sulle abitudini di Mask – rese pubbliche dallo stesso Mask, peraltro – tu sei andato ben oltre. Ti è “scappata” la penna, scrivendo che la moglie di Roncone sarebbe dove stata assunta per meriti “evidenti” e che lo stesso giornalista sarebbe talmente “molto alcolico” da aver avuto bisogno di aiuto per smettere.

E qui sta il punto. Il climax del tuo intervento tradisce un profondo disprezzo per chi osa anche solo sfiorare i tuoi interessi personali. E poi, piccolo dettaglio: per sapere così tanto della moglie di Roncone, cosa hai fatto? Attivato le tue conoscenze “hacker”, creato un bel dossier a suo nome e magari scoperto altro che, chissà, scopriremo in futuro?

Caro Stroppa, il troppo Stroppa. E questa volta, pure male.


La #Russia il secondo moschettiere del re

 l’arte dell’autogol geopolitico

C’è un vecchio detto: “Se vuoi colpire il nemico, assicurati di non spararti prima su un piede.” Ma la Russia di Putin sembra aver preso questa massima alla lettera… e ha deciso di mirare direttamente alle ginocchia.

Dal 24 febbraio 2022, quando Mosca ha deciso di invadere l’Ucraina con la convinzione di sfilarsi Kyiv in pochi giorni, la realtà ha raccontato una storia molto diversa. Oltre ai danni incalcolabili inflitti all’Ucraina, il Cremlino ha creato un disastro dentro casa propria. Vediamo i numeri.

Un massacro senza precedenti

Secondo le stime occidentali aggiornate al 2024, la Russia ha perso tra 350.000 e 400.000 soldati tra morti e feriti. Se volessimo fare un paragone, è come se fosse sparita mezza città di Bologna. E tutto questo per conquistare (e spesso perdere di nuovo) qualche chilometro di territorio. Il ricambio forzato delle truppe ha portato il Cremlino a rastrellare carcerati e studenti, rendendo l’esercito russo un mix esplosivo tra un gulag e una leva obbligatoria.

L’economia? Un bagno di sangue

La Russia faceva affari d’oro con l’Europa vendendo gas e petrolio. Nel 2021, prima della guerra, il 45% del gas russo andava all’UE. Poi, con le sanzioni e la decisione europea di trovare alternative, questo flusso si è quasi azzerato. Il mancato incasso? Circa 100 miliardi di dollari all’anno solo dalle vendite energetiche.

Mosca ha provato a rimpiazzare i clienti europei con India e Cina, ma a prezzi scontatissimi. Il petrolio russo ora si vende con sconti tra i 20 e i 30 dollari al barile rispetto ai prezzi di mercato. Un vero affare… per gli acquirenti!

Nel frattempo, le spese militari sono esplose: nel 2023, la Russia ha stanziato 109 miliardi di dollari per la difesa, il doppio rispetto al 2021. Eppure, le sue industrie arrancano per la mancanza di componenti occidentali, dai microchip ai cuscinetti a sfera (sì, pure quelli!).

L’isolamento perfetto

La Russia è diventata un gigante isolato, economicamente dipendente da pochi partner e con un esercito dissanguato. Putin voleva più sicurezza? Ha ottenuto una NATO più forte, con Finlandia e Svezia dentro. Voleva più prestigio? Ora dipende dalla Cina come un vassallo.

In sintesi, la Russia ha dimostrato che c’è un solo nemico che può davvero distruggerla: se stessa.

Bugia: Abbiamo sconfitto “i nazisti ucraini”

Traduzione: senza le forniture di gas all’Europa e senza l’abolizione delle sanzioni, siamo al fallimento.

To be continued



#USA #RUSSIA #CINA

I Tre Moschettieri  Salveranno Se Stessi

Eccoci qui, cari lettori, a parlare dei nostri "Tre Moschettieri" moderni: USA, Russia e Cina, con l'aggiunta dell'Arabia Saudita come il quarto incomodo. Proprio come nel celebre romanzo di Dumas, questi protagonisti sono chiamati a difendere il loro "re". Ma chi è questo re? Il "Popolo Bue", ovvero noi, le masse ignare a cui non si può dire tutto, anzi, forse è meglio non dire niente o, meglio ancora, raccontare qualche bugia ben confezionata.

Visto che i nostri moschettieri non possono confessare al Popolo Bue le vere ragioni delle loro azioni, permettete che lo faccia io!

Iniziamo dagli USA

Il debito pubblico degli Stati Uniti ha raggiunto livelli stratosferici, superando i 36.000 miliardi di dollari, ovvero circa il 124% del PIL. Gli interessi passivi su questo debito ammontano a circa 882 miliardi di dollari l'anno. Inoltre, paesi come Cina e Giappone hanno ridotto l'acquisto di titoli del debito americano, aumentando la pressione sul governo USA.

Cosa dovrebbe fare Trump, ma non può dire?

  1. Ridurre i consumi interni di merci importate

    • Bugia ufficiale: Imposizione di dazi su tutti.

    • Traduzione: "Comprate americano, anche se costa di più e magari è di qualità inferiore."

  2. Massiccia revisione della spesa pubblica

    • Bugia ufficiale: "Vogliamo la pace nel mondo."

    • Traduzione: Tagli alle spese militari, riduzione del personale statale, meno fondi alle ONG e chiusura di basi militari all'estero.

  3. Nuove fonti di entrate statali

    • Bugia ufficiale: "Stiamo esplorando opportunità in Ucraina e collaborando con Russia e Arabia Saudita sul prezzo di petrolio e gas."

    • Traduzione: Accaparrarsi le terre rare ucraine e fare accordi sottobanco sul prezzo dell'energia.

  4. Obbligare i paesi europei ad acquistare il debito pubblico USA

    • Bugia ufficiale: "Se non comprate i nostri titoli, vi mettiamo i dazi."

    • Traduzione: Ricatto economico mascherato da diplomazia.

  5. Aumentare le accise su benzina e tabacco

    • Bugia ufficiale: "Non possiamo farlo; sarebbe un suicidio politico."

    • Traduzione: Meglio non toccare le tasche degli elettori, altrimenti si arrabbiano.

E il Popolo Bue?

Come “le formiche nel loro piccolo”, potrebbe pure arrabbiarsi. Ma finché gli si raccontano storie avvincenti e si distoglie l'attenzione dai veri problemi, tutto procede come sempre.

To be continued…

Nota: I dati sul debito pubblico e sugli interessi passivi sono aggiornati a gennaio 2025



#TRAMP & CO. – Un passo in alto

#Democrazia e potere invisibile

Dopo tutto quello che abbiamo visto, sentito e commentato con ironia, oggi è il momento di fare un altro passo. Normalmente si dice "un passo avanti", ma siamo sicuri che qualcuno sia davvero in grado di prevedere dove stiamo andando?

Meglio alzare lo sguardo. E in alto cosa troviamo? Una vecchia signora in difficoltà: la Democrazia. Affannata, sofferente, boccheggiante. Il suo declino ormai non è più un segreto. I commentatori politici ci hanno già spiegato che il mondo è guidato dalle nuove democrature (un neologismo che unisce "democrazia" e "dittatura" in un abbraccio inquietante). E dove regnano queste nuove forme di potere? Ma è ovvio! Nelle quattro nazioni che comandano il sistema economico globale: USA, Russia, Cina e Arabia Saudita.

Il resto del mondo? Spettatore pagante. Per i prossimi 50 anni assisteremo all'evoluzione di un nuovo sistema di potere, ma senza possibilità di cambiare il copione.

Ora, la domanda sorge spontanea: quando e come questi quattro leader hanno stretto i loro patti? Semplice: "Arcana Imperii", segreti di Stato. Non lo sapremo mai.

Eppure, Norberto Bobbio ci aveva avvertiti:

"La caratteristica principale della democrazia è il controllo del governo da parte dei cittadini, attraverso la libera espressione del consenso e la verifica periodica di questo consenso. Ma come puoi controllarlo se non lo vedi?"

E ancora:

"La democrazia è quella forma di governo regolata da principi e norme che permettono la soluzione dei conflitti sociali e politici senza che vi sia bisogno di ricorrere alla violenza reciproca."

Parole chiare. Ma allora, guardandoci intorno oggi, questa democrazia esiste ancora? No. È stata svuotata, violata, sostituita da un potere occulto che non risponde più ai popoli. Anzi, quei popoli che ieri acclamavano i loro leader, oggi non si rendono conto che quando gli "arcana" verranno svelati sarà troppo tardi per tornare indietro.

Ma perché Stati Uniti, Russia, Cina e Arabia Saudita sono costretti a mentire ai loro cittadini?
Ognuno ha il suo motivo, ma il concetto è lo stesso: devono coprire enormi errori economici e geopolitici. Non possono ammettere il fallimento, non possono dire alla gente: "Scusate, abbiamo sbagliato tutto". Troppo rischioso. Meglio mentire, meglio stringere accordi segreti con nemici di un tempo.

Bobbio ci ricorda che

"La democrazia è trasparenza."

E lo stesso Richard Sennett, nel suo libro sull’autorità, sottolinea:

"Tutte le idee di democrazia che abbiamo ereditato dal XVIII secolo sono basate sulla nozione di un'autorità visibile."

Ecco il problema: l’autorità oggi non è più visibile.

Ma con calma, e senza fretta, torneremo ad analizzare perché queste quattro potenze sono state costrette a trasformarsi in "democrature" e a stringere patti segreti con ex nemici giurati.

To be continued…


#Zelensky, Guardati le Spalle!

#Le Idi di Marzo ti Saranno Fatali?

#Aldo Cazzullo, sul Corriere della Sera di ieri, l’ha detto chiaramente: “Al nostro Zelensky non restano che poche ore di vita, è la legge di Putin.”

E già, perché la legge dei dittatori è spietata. Putin non perdona. Non ha perdonato gli oppositori, non ha perdonato gli amici riottosi, non ha perdonato gli oligarchi ingrati che non hanno versato il dovuto al Cremlino. Tutti finiti male.

Ma c’è una regola non scritta nel manuale dei tiranni: un nemico si elimina solo se nessuno lo protegge. E così abbiamo:

  • Castro a Cuba, intoccabile perché sotto l’ombrello sovietico.

  • Kim Jong-un in Corea del Nord, blindato dalla Cina.

  • Assad in Siria, scortato fuori dai guai grazie alla Russia.

Poi ci sono quelli che sono stati mollati dagli USA o dalla Russia… e sappiamo com’è andata a finire:

  • Saddam Hussein, impiccato.

  • I generali serbi, processati.

  • Gheddafi, linciato.

  • Ceaușescu, fucilato dopo un processo lampo.

E ora tocca a Zelensky. Un leader che non ha più scudo né protezione. Gli USA lo hanno mollato, i russi lo odiano. Il destino sembra segnato: sarà un "Cesarecidio" in piena regola? Veleno, un cecchino, un guasto aereo? O forse un Bruto in uniforme, un generale dal sorriso amico e il pugnale nascosto?

Ma non temere, Volodymyr, la Storia troverà un Plutarco o uno Svetonio pronti a scrivere di te. Certo, la storia la scrivono i vincitori… quindi per vederti celebrato con tutti gli onori, forse serviranno almeno cent’anni.

Nel frattempo, in bocca al lupo!


TRAMP VS ZELENSKY – PARTE II

"Superior stabat lupus"

E alla fine siamo tornati a Fedro. Il professor Ammaniti, con il suo acume da scrittore, psicologo e psicoterapeuta, ha colto il punto centrale della vicenda: cosa abbiamo visto venerdì in TV?

La ditta Tramp & Vance (sì, proprio il buzzurro di Elegia Americana) ha messo alla berlina il povero Zelensky, ridicolizzandolo fino a renderlo “tossico” agli occhi del mondo. Nessun accordo sulle materie prime è stato firmato, e dopo 60 minuti di attesa la delegazione ucraina ha ripreso mestamente la via del ritorno.

Ma allora qual era il vero scopo dell’incontro? Se si fosse trattato di un accordo commerciale, almeno Tramp avrebbe potuto vantare un risultato concreto. Ma di cosa parliamo, quando parliamo di “pace”?

Mi frulla in testa una pessima idea: e se Tramp e Putin avessero in mente per l’Ucraina e per Gaza lo stesso destino? Ma siamo proprio sicuri che gli unici lupi della favola siano Tramp e il suo branco? E se ce ne fosse un altro, ancora più grande, multinazionale ed eterogeneo, che dall’alto (superior) muove i fili e osserva con calma, aspettando il momento giusto per scendere in campo?

Pensiamoci un attimo: chi trarrebbe davvero vantaggio dalla fine dell’Ucraina come la conosciamo?

  • Odessa, con il suo controllo sul commercio mondiale di cereali.

  • I giacimenti di terre rare, ricchissimi ma ancora da esplorare.

  • Una splendida riviera sul Mar Nero, 350 km di coste che dalla Moldavia arrivano fino alla Crimea.

  • Un popolo ucraino da domare una volta per tutte, storicamente ribelle, odiato dai russi e già vittima delle purghe staliniane.

E per Gaza? Il gioco potrebbe essere lo stesso: eliminare Hamas, ripulire la Striscia e spalancare le porte a nuovi interessi economici su quei 40 chilometri di costa mediterranea.

Insomma, mentre ci fanno litigare su chi sia il lupo cattivo, il vero lupo se ne sta comodo in alto, invisibile, aspettando che gli “utili idioti” facciano fuori l’agnello, lasciando il campo libero ai suoi veri progetti. Perché, alla fine, Ucraini e Palestinesi sono solo piccoli ingombri da togliere di mezzo.


Tramp & Zelensky – “Ditegli sempre di sì”

Abbiamo seguito con ansia quello che sembrava l’inizio della pace tra Ucraina e Russia, mentre in realtà i primi negoziati si stavano già svolgendo tra Stati Uniti e Russia.

Due grandi attori sono saliti sul palcoscenico mondiale, e per almeno dieci minuti tutte le televisioni del mondo hanno immortalato i loro volti, intenti a cercare di convincersi a vicenda. Il grande Eduardo De Filippo aveva già indicato una possibile soluzione per convivere uno o più folli: "Ditegli sempre di sì" proprio come nel titolo della sua celebre commedia, un classico della cultura italiana.

Ma perché questi due leader globali sono costretti a mostrarsi in modo così teatrale? La risposta sta nei rispettivi “stakeholders”. Zelensky deve fare i conti con i capi delle nazioni europee, ancora disposti a finanziare la resistenza contro l’invasione russa, e con un popolo che porta sulle spalle secoli di dominio straniero e non vuole più piegarsi.

Per Tramp, la situazione è ancora più complessa. Chi lo sostiene lo ha messo in quel ruolo proprio per essere ciò che è: apolitico, politicamente scorretto, fuori dagli schemi. I grandi elettori repubblicani gli hanno consegnato il partito non tanto per condividerne le idee, ma per marcare una netta distinzione dal perbenismo dei democratici e dall’incapacità della vecchia guardia repubblicana di conquistare il grande pubblico elettorale americano.

In conclusione, cari amici, quello a cui assistiamo è una modesta commedia dell’arte, recitata da attori di primo piano. Ma i veri produttori, quelli che tirano le fila dietro le quinte, sono gli unici a divertirsi davvero.



LO ZIO TRAMP E IL PICCOLO DIAVOLO RIMASTO SULLA TERRA

Proprio come nel film di Benigni, campione d’incassi degli anni ’80, un piccolo diavolo rimaneva sulla Terra e non poteva che combinare un mare di guai. Il nostro Tramp non è da meno: il povero Zelensky si è sentito dare del traditore, del dittatore, persino dell’assassino del popolo ucraino. Ma quando un giornalista ha chiesto al tycoon se confermasse quelle parole, lui ha candidamente smentito, negando di averle mai pronunciate.

A quel punto, chi aveva parlato del leader ucraino in quei termini? Forse un diavoletto maligno? Assolutamente no!

Allora? Alzheimer, demenza senile, vuoti di memoria? Niente di tutto questo. A parlare, in realtà, era l’eco del suo mentore, l’avvocato Roy Cohn, autore della celebre strategia: “Se vuoi vincere, si vince così”. E al punto 2 della sua regola d’oro si leggeva: “Nega sempre, non ammettere mai nulla”.

C’è una logica in questa follia?

Povero Amleto, costretto a condividere la scena con Trump...




Caro Zio Sam,
ecco il tuo nipotino D. Tramp.

Caro Zio Sam, quanta fatica hai fatto per arrivare fino ad oggi! Dalla scoperta delle tue terre, milioni di uomini hanno contribuito a creare il sistema democratico più solido al mondo. Ora, però, un tuo nipotino, tale Tramp, ha le idee leggermente confuse. La geopolitica non lo appassiona e le sue tesi politiche sembrano avere ben poco a che fare con la Tua storia.

A mio avviso, dovresti spiegare al buon Donald che Messico e Canada non sono nemici, ma due nazioni che proteggono i confini degli USA a nord ed a sud. È lo stesso motivo per cui, a suo tempo, hai acquistato l'Alaska dallo Zar Alessandro II per proteggere la tua frontiera settentrionale e dai russi e dai  cinesi. E allora, perché maltrattare questi alleati?

Ora il tuo nipotino Trump parla dell’Europa, e secondo il Corriere della Sera, avrebbe dichiarato che “l’Unione Europea non si è formata per garantire la pace o favorire lo sviluppo economico nel Vecchio Continente, ma per fregare gli Stati Uniti”. Inutile ribadire che l’Europa, in questi decenni, ha rappresentato la tua copertura orientale, proteggendoti dalla Russia e dal Medio Oriente.

Il tuo nipotino sembra dimenticare che, dopo la Seconda guerra mondiale, miliardi di dollari sono finiti nelle tasche dei tycoon nord americani grazie alle esportazioni di macchine agricole, mezzi per il movimento terra, centrali elettriche, telefonia, industria alimentare, tabacco, aviazione, armi e informatica. Se oggi la bilancia commerciale pende a favore dell’Europa, non è per un complotto, ma semplicemente perché alcuni settori restano ineguagliabili: la moda italiana e francese sono uniche, il prosecco italiano e lo champagne francese dipendono dal territorio, BMW e Mercedes sanno farle solo i tedeschi, e il doppio malto inglese ha almeno mille anni di storia. Non è certo colpa di Spagna, Portogallo, Francia, Italia e Grecia se vantano le rovine più affascinanti e le spiagge più belle del mondo.

Caro Zio Sam, spiega al tuo nipotino che i dazi danneggiano i consumatori più che i venditori. Questi ultimi troveranno comunque altri mercati per i loro prodotti, mentre saranno i cittadini americani a pagarne il prezzo più alto.

Mi rendo conto, caro Zio Sam, che se intervenissi, rischieresti persino il licenziamento dopo due secoli di onorato servizio. Ma forse solo tu, con l’esempio dei tanti presidenti che ti hanno preceduto, potrai recuperare quel ruolo che, fino a pochi mesi fa, era considerato il massimo incarico politico del mondo civile.


 


TRAMP GO TO GAZA

"Siamo ciò che mangiamo", diceva 200 anni fa Feuerbach. Su questo assioma si è molto discusso, ma ancora oggi non tutti ne sono convinti. È altrettanto vero, però, che "siamo ciò che vediamo e sentiamo": spesso non ci rendiamo conto della totale falsità dei messaggi audio e video che ci bombardano attraverso i nostri dispositivi quotidiani.

Ma – ed ecco il ma che ci fa riflettere – Trump (o meglio, i suoi spin doctors) ha le idee chiare: il Boss lo può dire come vuole, farà business a Gaza! Ecco allora il video creato con l’IA, pronto a mostrare al mondo intero cosa ci perdiamo se non seguiamo le idee del Capo.

Ora il video, pur essendo fasullo, diventa una possibilità concreta. È realizzato bene, ha ritmo, cattura l’attenzione. E chissà, forse un giorno Trump potrebbe davvero riuscirci. Noi, Homo videns, da un lato giudichiamo l’audacia del video, dall’altro iniziamo a considerare che quell’ipotesi, in fondo, potrebbe realizzarsi.

Ed ecco che la sintesi neuro-linguistica si compie: vediamo una fesseria e finiamo per considerarla plausibile.

Ottimo lavoro, mister Trump...


Ho migliorato la fluidità e corretto qualche svista, mantenendo il tuo tono e il tuo messaggio. Ti piace così? 😊

Se questa è la politica dei nostri giorni, se le nuove leggi degli Stati sono promulgate da personaggi politici come quelli che si affacciano dalle tribune dei parlamenti mondiali – USA, Argentina, Italia, Russia, Ungheria, Turchia, Israele – allora io sono antipolico.

È chiaro che le leggi le fa chi è più forte, ma con la nuova etica delle classi dominanti è evidente che la forza non risiede più nelle idee politiche a vantaggio della polis: la forza è ormai nelle parole, gettate al vento, che rimbombano nelle menti più fragili. E così, le nazioni con sistemi democratici “in purezza” si trasformano in Stati a trazione sovranista o oligarchica.

La forza delle parole sommerge la forza delle idee: "la moneta cattiva scaccia la moneta buona". La legge di Gresham, infatti, non è solo una legge economica, ma si applica a tutte le azioni umane. Oggi assistiamo al triste spettacolo di una cattiva politica, enunciata con parole eclatanti, che scaccia facilmente qualsiasi forma di politica onesta, espressa con parole semplici e banali.


A nulla giova il confronto pro/contro, con l’ottimo Fausto Biloslavo  (grande inviato di guerra) simulato dal direttore del Giornale. L’odiatore  Feltri non si tradisce mai, "Sala doveva stare a casa, Sala ha avuto una condotta superficiale, Sala  è nei guai a causa della sua inesperienza e via dicendo". Di contro Fausto Biloslavo nel “pro” dello stesso articolo asseriva esattamente il contrario, procedure concordate con il governo iraniano, sempre presente un funzionario statale alle interviste, Sala ha una grande esperienza del mondo iraniano con fonti dirette sia giornalistiche che statali. Allora caro Feltri delle due una o Biloslavo dice fesserie o tu questa volta hai sbagliato il target del tuo spargimento di odio. Giusto per avere conforto segnalo al povero Feltri che tutti i grandi inviati di guerra italiani, Quirico la Stampa, Cremonesi del Corriere, Negri dell’Avvenire, Molinari di Repubblica, non hanno alcun dubbio “Sala sequestrata a scopo di ricatto dalle guardie rivoluzionarie iraniane” inoltre citano che è modesto l’impegno politico italiano per il solo fatto di essere impattati nello scambio con i terroristi arrestatati a Milano e negli Stati Uniti.

Cecilia Sala deve tornare subito a casa,  e basta!

La soluzione è banale e semplice ne parleremo.

 


Cecilia Sala, l'ultima vittima di un copione già visto. Rapita, isolata, forse torturata. Un'altra italiana in balia di regimi autoritari, un'altra famiglia nel dolore più profondo. La storia si ripete, con una macabra puntualità, e la nostra diplomazia sembra impotente di fronte a questa recrudescenza della barbarie.

Ricordiamo Giulio Regeni, il ricercatore torturato e ucciso in Egitto. Un caso che ha scosso l'opinione pubblica, ma che ha lasciato un amaro retrogusto di impotenza. Le promesse di verità e giustizia sono state infrante, le relazioni diplomatiche con il Cairo non sono mai state interrotte in modo significativo.

L'Iran, oggi, sembra seguire lo stesso copione. Un regime teocratico, sempre più isolato sulla scena internazionale, che usa la detenzione di cittadini stranieri come arma di ricatto. Eppure, la nostra diplomazia continua a muoversi con i guanti, a preferire la diplomazia del sorriso alla fermezza necessaria.

"La politica è l'arte del possibile", diceva Bismarck. Ma quando il possibile è l'impotenza, quando la diplomazia si trasforma in supplica, allora è il momento di cambiare rotta. La vicenda di Cecilia Sala ci impone di porci delle domande scomode: fino a quando continueremo a tollerare che i nostri cittadini siano trattati come pedine su una scacchiera internazionale? Fino a quando accetteremo che la nostra dignità nazionale sia calpestata?

È arrivato il momento di dire basta. L'Italia deve reagire con fermezza, imponendo sanzioni economiche ai regimi che violano i diritti umani, isolandoli diplomaticamente e, soprattutto, tutelando i suoi cittadini con ogni mezzo.

La diplomazia non è solo un gioco di carte, è una questione di principi. Non possiamo permettere che l'interesse economico prevalga sui diritti fondamentali. La vita di una persona vale più di qualsiasi accordo commerciale.

E voi, cosa ne pensate? Credete che la nostra diplomazia sia sufficientemente efficace nel proteggere i nostri connazionali all'estero? O è giunto il momento di adottare una linea più dura e decisa? O deve essere l’ambasciatore iraniano in Italia coinvolto nell’immediato rilascio della giovane giornalista?

 

 

 


Matteo Salvini ieri è stato assolto nella causa a Palermo, dove era accusato di sequestro di persona per aver impedito lo sbarco di 150 migranti a bordo della nave ONG. I giudici hanno concluso che il ministro dei trasporti non aveva intenzione di trattenere illegalmente quei naufraghi o bloccare una nave ambulanza con licenza internazionale di soccorso. La sua azione, secondo il tribunale, era mirata a difendere i confini della Patria.

Eppure, al di là della sentenza, questo caso solleva molte domande. Il discorso sulla protezione delle frontiere è diventato un mantra per molti politici, una giustificazione quasi assoluta per decisioni che impattano su centinaia di vite umane. La questione di fondo è: è davvero questa la forma più efficace di difesa della sovranità nazionale? La storia e la filosofia ci insegnano che la sicurezza di una nazione non è solo una questione di barriere fisiche, ma anche di giustizia, umanità e cooperazione internazionale.

 

Nel celebre discorso di Pericle agli Ateniesi, si sottolineava come la grandezza di Atene non risiedesse solo nella forza delle sue mura, ma nell’etica delle sue azioni e nella sua capacità di rappresentare un faro di civiltà. Oggi, possiamo dire che una nazione che respinge chi chiede aiuto, anche nel nome della sicurezza, rischia di perdere qualcosa di più importante: la sua anima e la sua credibilità morale.

I migranti, molti dei quali sfuggono a guerre, persecuzioni e condizioni di vita insostenibili, non rappresentano un pericolo per i confini in senso stretto. Il vero problema, come è stato evidenziato da diverse analisi geopolitiche e report, risiede altrove: nelle reti di trafficanti che operano impunemente in Libia, Tunisia, Egitto e Turchia. Questi intermediari sfruttano la disperazione per alimentare un business multimilionario, che si nutre di corruzione e violenza. I guadagni derivati dal traffico di esseri umani finiscono spesso per alimentare il narcotraffico, chiudendo un circolo vizioso che porta droga e morte in Europa, con i proventi reinvestiti in circuiti bancari che finanziano operazioni speculative del tutto legali.

Ci si chiede, allora, perché l’attenzione della politica sia spesso rivolta a navi umanitarie, sostenute da fondi di beneficenza e contributi statali, piuttosto che ai veri centri nevralgici del traffico. È una strategia che punta a distrarre l’opinione pubblica da problemi più complessi, o una reale convinzione che basti respingere una nave per risolvere una questione strutturale?

Thomas Hobbes sosteneva che lo Stato esiste per proteggere i cittadini dal “lupo”, ossia dal caos e dalla violenza della natura umana. Ma cosa succede quando lo Stato, in nome di questa protezione, finisce per creare ulteriore sofferenza? E, ancora, quale prezzo siamo disposti a pagare per una “sicurezza” che potrebbe essere solo apparente?

Guardando al futuro, è cruciale chiedersi se il rigore selettivo applicato alle navi umanitarie non sia una cortina fumogena per evitare di affrontare la radice del problema. È davvero giusto sacrificare i principi di solidarietà e umanità per una strategia che lascia intatte le cause profonde della migrazione e del traffico umano? A noi l’ardua risposta, ai politici di casa nostra la risposta non interessa.

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